La prima impressione che si
coglie dal volto di Maria è tipica di chi risponde con l’amore alla
sofferenza, lasciando trasparire un intimo legame con chi non si può
abbandonare, o meglio, con chi non si vuole abbandonare.
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Autobotte adibita al
trasporto del latte |
Ci ha parlato della povertà che è tanto grande quanto la dignità di quelle
popolazioni, di quanto sono felici di mandare i propri figli per un
periodo a disintossicarsi nella terra flegrea, dove le strutture sanitarie
possono monitorare le patologie, a volte molto gravi, da radiazioni e
prescrivono le cure per ogni caso; poi, le famiglie che li ospitano, si
preoccupano di fornire ai bambini le medicine che porteranno nel loro
paese, per proseguire la cura tutto l’anno.
Si, perché in tutti i paesi poveri, i bambini, anche quando vanno in
ospedale, ammesso che ce ne sia uno, devono portare con loro le medicine
altrimenti non vengono curati.
Poi “la vacanza finisce”, ma l’anno successivo, per fortuna e se lo
vogliono, ce ne sarà un’altra ancora.
Tra i bambini piccoli e piccolissimi, che vivono a decine nelle stanze
degli orfanotrofi bielorussi, c’è da condividere solo quel poco di cibo e
tanta nebbia mista a gelo.
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Pozzo artesiano per
approvvigionamento dell’acqua “potabile" |
Non si può stare vicino ad ognuno, devono imparare a cavarsela da soli fin
dalla nascita, piangono e quando Maria, per umano istinto tenta di
avvicinarsi ad uno di loro per prenderlo, le viene chiesto di non farlo,
tenerlo anche solo per un po’ in braccio gli farebbe sentire il calore e
dopo il pianto diventerebbe più forte.
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Il destino di questi bambini, in qualsiasi parte del mondo si trovano, è
drammaticamente identico: per la maggior parte di loro non c’è futuro e
mentre associazioni come quella di Maria e Biagio utilizzano ogni
strumento normativo, dal soggiorno terapeutico, all’adozione e
all’adozione a distanza, per donare una vita dignitosa a questi bambini,
tutto rischia di svanire davanti all’immobilismo delle istituzioni
italiane ed ai protagonismi all’interno di reti gerarchiche, che
gestiscono regolarmente in dissenso o antagonismo.
Le famiglie direttamente interessate al blocco, si legge dal comunicato, “
chiedono chiarezza sulle responsabilità dirette degli Enti autorizzati
all’adozione in Bielorussia e sul business delle accoglienze.
Vanno analizzate e verificate le reali responsabilità soggettive ed
oggettive di questi Enti rispetto ai ritardi ed alle tante omissioni,
manifeste e reiterate, e la totale insussistenza dei controlli sul loro
operato da parte della Commissione Adozioni Internazionali (CAI),
organismo preposto alla loro vigilanza.
Gli interessi economici in gioco sono elevati e coinvolgono diverse aree e
settori economici, sia bielorussi che italiani: la Bielorussia resta
infatti l’ultima nazione dell’ex blocco sovietico a voler intrattenere
rapporti per le adozioni internazionali con l’Italia, dopo la chiusura
della Federazione Russa, dell’Ucraina, della Romania e della Bulgaria,
come recentemente dichiarato dalle stesse autorità di governo”.
Con la legge 176 del 27/05/’91, l’Italia ha ratificato la Convenzione Onu
sui diritti del fanciullo.
In occasione del 16° anniversario, con tutta onestà ci saremmo aspettati
qualcosa di più dei soliti costosi festeggiamenti.
Peccato! Si è persa un’altra occasione per dimostrare che alle parole
seguono qualche volta i fatti.
Roma -
stazione Termini
Siamo i ragazzi di Clichè-sur-Bois in preda alla rabbia e all’odio
di Marika Guerrini - Illustrazioni di Mashid Mussavi
Si chiama Afthab, occhi a ricordare gli avi mongoli, è hazarà, ha
diciassette anni. Potrebbe chiamarsi Hussein, avere quindici anni,
chiamarsi Ahmad, averne sedici o Reza, Ismail, Eskandar. Con tanti altri
nomi potrebbe chiamarsi, ora, qui, sono dieci diversi nomi, ma gli anni
sono sempre gli stessi: quindici, sedici, diciassette, a volte
quattordici, di rado meno, mai diciotto, non sarebbero qui, nessuno li
accoglierebbe, maggiorenni dall’oggi al domani in terra straniera
diventerebbero autonomi, autosufficienti per la legge, le autorità.
Dall’oggi al domani.
Ma ora sono qui, in questo centro di accoglienza, è qui che si incontrano
attraversando la città dai loro alloggi nelle case famiglia. Case
sovvenzionate dal comune, dislocate nelle periferie, come loro
sparpagliate.
continua...
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