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25 ottobre 2005

Numero 0

La storia di Shaolin è storia antica, risale a più di 1500 anni fa, al 492 d.C., quando l’imperatore Hsiaowen chiamò in Cina il monaco indiano Batau perché traducesse i sutra indiani in cinese. Allora e per lui, nella magia d’una verde foresta nel cuore dei monti Songshan, l’imperatore fece costruire un tempio che venne chiamato Shaolin, montagna boscosa.

Un tempio che ha contrassegnato il pensiero del Buddhismo Zen come l’antica Atene ha contrassegnato la nostra filosofia. Dopo poco più d’un secolo, un altro monaco indiano, Bodhidharma, per i cinesi Tamo, visse per circa dieci anni in una caverna nei pressi di Shaolin, in immobile contemplazione d’una parete, dopo di che, ispirato, diede ulteriori sfaccettature allo Zen, tra esse alcuni esercizi di concentrazione che rinvigorendo lo spirito rafforzavano il corpo: nacque il Kung Fu.

Così ieri sera, tra momenti di azione guerriera, di preghiera, di silenzio, di immobilità, vi sono stati momenti di narrazione che si è aperta allo spettatore per bocca d’un maestro e di un giovanissimo discepolo dall’età di circa cinque o sei anni. La finzione scenica è passata in secondo piano, comunque e malgrado tutto, sapienza si trasferiva dall’uno all’altro, dal palcoscenico alla platea, al loggione stranamente silenzioso, attento, così fino alla fine, al chiudersi del sipario su quella sacralità senza tempo né frontiere.

dove e quando


EVENTI

Venerdì 21 ottobre alle ore 19, presso Il Centro d'arte Riflessi "Tsunami" - architettura di un'onda anomala - di Peppe Pappa la mostra sarà visibile fino all'11novembre 2005.

Peppe Pappa presenta una installazione che invade lo spazio della galleria, quasi a volerlo sommergere.

 

La struttura, progettata e realizzata da Pappa, nella sua "invadenza" è una sorta di riflessione sulla natura madre e matrigna, metafora di una condizione umana e sociale che oramai non distingue vittime e carnefici, vincitori e vinti, poveri e ricchi, sfruttati e sfruttatori, ma coinvolge tutti allo stesso modo in una dimensione esistenziale che sembra sfuggire ad ogni riferimento ideologico, sociale e politico capace di riscattare (anche nell'utopia) tale condizione.


STRANGE TALES A NAPOLI

Presso il Teatro del Convitto Nazionale “Vittorio Emanuele II”, l’Associazione Culturale “Viv’arte” ha presentato sabato 1 ottobre 2005 “Strange Tales”, il primo di una serie di appuntamenti sul tema della letteratura fantastica.

Archivio: Francesco Silvestri in "Stanza 101" di Carlo Cerciello produzione vesuvioteatro

“Strange Tales” (implicito omaggio ai vecchi “pulp” degli anni ’30) è un iniziativa curata da Fabio Lastrucci e Ramiro Dell’Erba, organizzata e coordinata da Nadia De Pascale, con l’obiettivo di avvicinare nuovi lettori al fantastico e stimolare gli appassionati attraverso un mezzo “povero”, ma più spettacolare di qualunque effetto speciale: la parola.

In un epoca caratterizzata da grande ridondanza di immagini, si è cercato di ritrovare una dimensione di meraviglia e sospensione attraverso l’uso della voce narrante. Una suggestione “radiofonica” che si è ben prestata a presentare storie in cui i generi sconfinano l’uno nell’altro attraversando i versanti della fantascienza, dell’horror e del Fantasy.
Grazie al prezioso apporto di bravissimi attori come Francesco Silvestri, Sasà Trapanese e Liliana Palermo, sono stati letti racconti di scrittori emergenti, premiati in importanti concorsi del settore e pubblicati su riviste e antologie a diffusione nazionale.

Sasà Trapanese ha aperto l’incontro con “Il bambino e la morte”, un testo di Mauro D’Avino, già vincitore di diversi premi e curatore della rubrica “Cult Stories” per la Xenia edizioni. L’atmosfera di mistero del racconto, una ghost-story in cui l’elemento giallo è determinante allo sviluppo della vicenda, è stata restituita con una lettura attenta e misurata, che ha avuto il difficile compito di agganciare gli spettatori immettendoli in una dimensione metropolitana da incubo lucido.  continua...

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