A corto di donna – conclusa la 4^ edizione della rassegna di cortometraggi al femminile

 corto di donnaPozzuoli – La rassegna di cortometraggi al femminile, raggiunge il traguardo della quarta edizione e per la prima volta, sono stati assegnati quattro premi (opere pittoriche del Maestro Vincenzo Aulitto), uno per ogni sezione: fiction, documentari, animazione, videoarte.
La giuria, composta da esponenti di spicco del mondo dell’arte, della critica e del giornalismo ha contribuito al salto di qualità della manifestazione, mettendo in rilievo il percorso tracciato e perseguito con tenacia dagli organizzatori che, fin dalla prima edizione, hanno puntato su un’originale dimensione internazionale.

 corto di donna
Per l’edizione 2008, tenutasi il 26-27-28 giugno, sono stati presentati oltre 60 cortometraggi, compresi quelli fuori concorso e degli eventi speciali, scelti tra gli oltre 400 pervenuti da 43 paesi del mondo. Un tour de force per l’associazione “Qui Campi Flegrei” e per il “Coordinamento Donne Area Flegrea” , che da quattro anni curano ogni dettaglio della manifestazione.
L’atmosfera che quest’anno si è creata, ha donato al pubblico l’aria pulita di uno sperimentalismo curato e in alcuni casi anche rigoroso, una sensazione accentuata anche dal luogo, il cinema Sofia, più consono alle esigenze tecniche del mezzo, rispetto all’altro, anche se affascinante, delle edizioni precedenti, il Rione Terra.
I quattro corti premiati, insieme a tutti gli altri lavori presentati hanno offerto ai presenti, la visione di un mondo ricco di vita, una poliedricità di bellezze , ma anche di violenze inaudite sulle donne, rappresentate con serenità e chiarezza senza alcuna enfasi narrativa, guidando il pubblico tra la dolcezza degli spazi governati dai sentimenti e la crudeltà di altri luoghi dominati dalla violenza.
a corto di donna
“A corto di Donna” è un evento unico nel suo genere, proprio perché nasce nella cultura di genere, la quale è in grado di riprogettare i modelli dell’organizzazione sociale, attraverso un diverso modo di intendere la politica, il lavoro, la cultura e la vita quotidiana e, grazie a ciò, capace di destrutturate quei modelli percettivi cristallizzati, prodotti da un quotidiano dominato dall’appiattimento comunicativo e dalla disumanizzazione delle relazioni.
“Amelia” ad esempio, di Chiara Idrusa Scrimieri, che ha vinto il premio per la sezione documentari, è uno scorcio poetico di un giorno qualunque, tra i tanti di una sola vita:
“Amelia passa il tempo, o aspetta che il tempo passi, ha 94 anni. Scrive, legge, si soffia il naso, lancia un’occhiata miope alla televisione, fa ginnastica. Sogna di stare in un’isola deserta, sola e nuda, o immersa nell’acqua, come da giovane”.
Così pure il corto di Emma Cianchi,“Dove sono nata”, che ha vinto il premio per la videoarte, è un bellissimo sogno visionario: “Spazio bianco, dimensione vuota e separata…spazio bianco strappato alla realtà”. Un lavoro di rara bellezza e svolto con rigore, in cui la musica, le coreografie e la fotografia si fondono in un unico corpo: quello dell’interprete Paola Montanaro. Un’ armonia ancor più valorizzata, dall’eccellente montaggio di Costantino Sgamato: una sintassi di effetti nitida come un istinto, sottile come una enunciazione.
E poi, l’altro aspetto dell’universo femminile, quello della sofferenza e della crudeltà, analizzato da Daniela Binello con il videoreportage dal titolo: “Ultime della classe”. Otto minuti di autentica cronaca, all’interno del reparto maternità dell’Ospedale Herat, in Afghanistan settentrionale, dove le partorienti, entrano da sole nella sala parto, con il burqa, sorreggendosi contro i muri del corridoio. Ma l’aspetto più duro e disumano, lo hanno mostrato Alka e Roya Sadat, autrici di 3,2,1?.
Immagini di donne giovanissime, “con i volti devastati dalla paura” e i corpi immobilizzati nei letti degli ospedali afgani, con le mani avvolte da garze. Donne che si danno fuoco, per sfuggire alle continue violenze subite in famiglia, o perchè costrette a sposare uomini molto anziani, che a volte le vendono come schiave ad altre famiglie.
Fatti raccontati con stupefacente limpidezza, derivata probabilmente da una comunicazione empatica, che, a partire dal ricco bagaglio esperienziale delle autrici dei corti e delle loro interpreti, prende forma all’interno di un processo di identificazione. Come in “Voci di donne native e migranti” di Rossella Piccinino, presente nella sezione fuori concorso Omaggio alle donne migranti, in cui le donne di Naemi, forum di donne native e migranti di Lecce, parlano dei problemi: “legati al lavoro, alla casa, ai diritti di cittadinanza e della voglia di comunicazione e di scambio”.
Anche da questo punto di vista, le donne sono state delle vere pioniere dell’informazione visiva, infatti “ne è passata di luce sotto la campana di Gauss” direbbe un fisico amico mio – alludendo al vecchio detto dell’acqua passata sotto i ponti – dalle prime esperienze degli anni ’70 di Anna Lajolo del gruppo videobase, che per anni ha operato a fianco degli italiani emigrati all’estero e dalle testimonianze del “Collettivo Donne e Immagine” di Roma, sapientemente riportate nel famoso “Mettiamo tutto a fuoco! Manuale eversivo di fotografia” (1978), da cui viene fuori un cammino tutto in salita, per le donne che intraprendono il lavoro di reporter. L’ultimo pensiero va così ad Anna Politkovskaja, la giornalista russa assassinata nell’ascensore del suo palazzo, mentre stava rincasando, ricordata nel cortometraggio di Tina Femiano a lei dedicato.
Gli altri due premi delle sezioni fiction e animazione sono andati rispettivamente a: “Isabel” della regista americana Shawna Baca ed a “And life went on”, di Maryam Mohajer regista di origine iraniana che vive a Londra.

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