Da Casablanca a Marrakech, nel mito del viaggio in Marocco

con foto di Biagio Sol

Marrakech, foto di Biagio Sol

Da Casablanca, ci vogliono 3 ore di bus per raggiungere Marrakesh.
Viene definita la città rossa per il colore delle sue costruzioni. E’ alla base del massiccio montuoso dell’Atlante che la separa e protegge dal deserto caldo più grande della Terra. Qui si nota la prima incongruenza: le cime, tra cui il Jebel Toubkal alto 4165 metri sono completamente innevate con rinomate stazioni sciistiche; dall’altra parte, temperature di oltre +50°.
La morfologia del territorio cambia radicalmente da Casablanca a Marrakech causa la mancanza di piogge e la vicinanza del deserto. La guida, un berbero dal nome Mustafà, ci racconta dei grossi problemi che devono affrontare quotidianamente e penso a quanto siamo fortunati a vivere in un paese ricco di acqua e non ce ne rendiamo nemmeno conto!

Appena scendiamo dal bus veniamo letteralmente assediati da venditori ambulanti di ogni tipo, ragazzini, donne e “guardie del corpo” in cerca di soldi: vere e proprie zecche che si attaccano addosso fino a quando non ti spillano qualche euro o ti vendono qualche oggetto. Cedere è peggio che resistere perché appena individuano il “benefattore” non lo mollano più a costo di azzuffarsi tra loro.

Marrakech, foto di Biagio Sol

Fa parte del folclore di questa città incredibile dall’architettura meravigliosa che non finisce di stupirti. Una miriade di colori saltano agli occhi; intarsi e manufatti lasciano a bocca aperta.
Il palazzo del sultano, le stanze delle mogli, quella della preferita con ingresso ad elle e senza finestre per non consentire lo sguardo all’interno; la gelosia, riccamente lavorata, per consentire di sbirciare all’esterno senza essere vista; i soffitti, stupendamente intagliati nel legno e riccamente decorati.

Entriamo nella medersa di Ben Youssef, una scuola coranica del XIV secolo fondata dal sultano Abù al-Hasan. Ospitava sin da piccoli, i figli di famiglie povere che non potevano mantenerli e li educavano e crescevano con l’insegnamento del Corano. Il cortile è interamente circondato da pannelli di legno lavorato ed intagliato che resiste da secoli grazie all’assenza di umidità nell’aria. Al piano superiore si trovano le cellette degli studenti con le classiche finestrelle che affacciano sul cortile interno.

Usciamo da questi palazzi bellissimi e grandiosi per inoltrarci in un intricato cunicolo di maleodoranti viuzze costellate di botteghe artigiane e venditori ambulanti. Bisogna essere molto svegli per dribblare mercanzie e ciclomotori che ti sfiorano continuamente e ti avvolgono in una nuvola di gas puzzolente e incombusto.

Marrakech, foto di Biagio Sol

Ci copriamo il naso per evitare di inalare ciò che ci circonda mentre buttiamo lo sguardo atterriti sulle bancarelle che sfoggiano frittelle e manicaretti liberamente esposti all’aria aperta.

Finalmente usciamo nella piazza principale di Marrakesh, Djemaa El-Fna: grandissima, affollatissima e assordante. Tra suonatori, incantatori di serpenti, saltimbanchi, venditori di ogni ben di Dio e le solite “zecche” non vediamo l’ora di risalire sul bus per poterci rilassare un momento.
E’ stata una giornata molto intensa che ha lasciato il segno nelle nostre vite: indimenticabile!

Marrakech, foto di Biagio Sol

Marrakech, foto di Biagio Sol

Marrakech, foto di Biagio Sol

Marrakech, foto di Biagio Sol

Marrakech, foto di Biagio Sol

Marrakech, foto di Biagio Sol

Marrakech, foto di Biagio Sol

Marrakech, foto di Biagio Sol

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