maggio 2006 - Anno I

Numero 6

NEWS

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A vent’anni dal disastro di Chernobyl la foresta rossa
è ricca di fauna: il paradiso all’improvviso?

di Silvia Guardascione


La rinascita di Chernobyl comincia dagli animali.
A vent’anni dalla terribile esplosione nucleare, un gruppo di animali selvatici si è insediato in un’estesa fascia di 30 km nelle vicinanze del reattore esploso. Questa è sicuramente una delle poche notizie liete scritte in occasione del ventesimo anniversario del disastro ecologico che ha sconvolto il mondo intero, difatti un importante sito internet di divulgazione scientifica gli ha dedicato ampio spazio.
Tutto ha luogo nella cosiddetta “foresta rossa”, l’arida regione circostante alla vecchia centrale nucleare, che si è spogliata quasi completamente di ogni forma di vita animale e vegetale in seguito alla catastrofe ecologica del 26 aprile 1986, conservando resti e cadaveri disseminati un po’ ovunque.

Qui a tratti si registrano tassi di radioattività pari a 3500 microRontgen l’ora, livelli altissimi, se si considera che un essere vivente ha un margine di tollerabilità pari a 15-19 microRontgen. Il tutto però non ha minimamente impensierito gruppi di cinghiali, volpi, lupi e lepri che, come vecchi pionieri, hanno abbandonato le regioni al nord dell’Ucraina, in particolare la Bielorussia, in cerca di un posto nuovo, tranquillo, spingendosi fino alla “foresta rossa”. E qui, oltre qualsiasi aspettativa, hanno trovato una sorta di paradiso terrestre in cui sono gli animali stessi a farne da padrone e non l’uomo. Alcuni abitanti raccontano che questi animali si sono spostati dai loro luoghi di origine, quasi consapevoli delle condizioni ambientali di Chernobyl. Infatti pur essendoci livelli di uranio e plutonio altissimi, la “foresta rossa” è ormai povera di pesticidi, di fumi industriali e soprattutto di uomini. Nell’area circostante al reattore numero quattro, basta guardarsi un po’ in giro per scorgere cinghiali e lepri che riposano accanto ai resti delle vecchie fattorie abbandonate prontamente dalla popolazione locale. Ma questa fauna selvatica non occupa tutto il suo tempo a

 

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In questo numero:

riposare in tranquillità: spesso infatti si reca in “perlustrazione” per le strade di Pripiat, la cittadina più vicina al reattore esploso ed evacuata in fretta dai suoi 50000 abitanti. Qui, pare che il tempo non sia mai passato. Tutto si è fermato a vent’ anni fa. Sembra di guardare un’istantanea scattata nel lontano 1986. Dentro e fuori le case, tutto è sempre uguale, nella stessa posizione, da ormai troppo tempo.
Ma ora dei nuovi abitanti girano indisturbati, quasi con aria fiera, sicuri che niente e nessuno li potrà mandare via dal loro piccolo paradiso tranquillo. Purtroppo la loro è solo una sicurezza apparente. Spesso gli animali adulti devono difendere i loro piccoli dai bracconieri che senza remore, e per scopi economici, ricercano prede giovani, in genere al di sotto dei 3 anni di età, le cui pelli e carni ancora non hanno raggiunto livelli di radioattività preoccupanti. Al momento la fauna locale è monitorata costantemente dal radiobiologo Serghei Gashkak, da sempre studioso della riserva naturale di Chernobyl.
Gli studi di Gashkak hanno dimostrato che gli animali che vivono già da tempo a Chernobyl, si sono ormai adattati alle condizioni ambientali del luogo, mentre quelli attualmente provenienti da altre regione, soffrono enormemente appena entrano nell’area contaminata attorno al reattore quattro.
Serghei Gashkak ha registrato inoltre molte mutazioni del DNA negli animali che vivono da tempo nei pressi del reattore esploso, cosa che non è successa ai “neo –arrivati” a Chernobyl, i quali non mostrano significativi cambiamenti fisiologici e riproduttivi, ma più di tutto profonde disfunzioni al sistema tiroideo. Il tutto è probabilmente dovuto al minor tempo di contatto della fauna pioniera con i suoli e l’aria radioattiva del posto. Altri scienziati locali hanno approfondito ulteriormente gli studi di Gashkak, rafforzando prima di tutto la teoria secondo cui le specie sopravvissute hanno sviluppato nel tempo profonde mutazioni nel loro DNA. Inoltre hanno affermato che questi organismi altamente mutati non sono mai stati realmente studiati, perché morti troppo precocemente per cause naturali. Per il momento, a riguardo, nessuno scienziato ha assunto una posizione definita.

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